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Frequentazione dei figli ai tempi del Coronavirus

SCIOLTI DAL GOVERNO I DUBBI INTERPRETATIVI SULLA LEGITTIMITÀ DEGLI SPOSTAMENTI TRA COMUNI PER RAGGIUNGERE I FIGLI MINORENNI PRESSO L’ALTRO GENITORE.

 

A dieci giorni dall’emissione del DPCM 22.03.2020, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aggiorna finalmente le FAQ pubblicate sulla propria pagina web, sciogliendo i dubbi interpretativi sulla legittimità degli spostamenti da un Comune all’altro per raggiunger i figli presso l’altro genitore.

 

In particolare:

  • viene confermato che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore sono sempre consentiti, ANCHE DA UN COMUNE ALL’ALTRO;
  • viene specificato che, in mancanza di un provvedimento giudiziale che abbia già regolamentato la frequentazione, il diritto di visita dei figli resta comunque consentito secondo le modalità concordate dai genitori.

 

Ecco la FAQ del sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri al aggiornata 01.04.2020:

 

Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli minorenni?

 

Sì. Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori.

 

I dubbi interpretativi sulla legittimità di spostamento dei genitori da un Comune all’altro erano sorti a seguito del DPCM 22.03.20202

 

Infatti, lo spostamento personale del genitore per raggiungere il figlio presso l’altro genitore era stato sin da subito considerato legittimo, potendo configurarsi come “situazione di necessità” di natura familiare.

 

Tuttavia, nella notte del 22 marzo 2020, il citato D.P.C.M. aveva prescritto il

 

divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati dal comune in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute“.

 

Per gli spostamenti tra Comuni, dunque, la deroga della “situazione di necessità” è stata sostituita dai motivi di “assoluta urgenza, nei quali non sembrava rientrare lo spostamento del genitore volto alla frequentazione del figlio. In tal senso si era già orientata la giurisprudenza.

 

Solo pochi giorni fa, infatti, il Tribunale di Bari, aveva ritenuto legittima la sospensione della frequentazione con i figli residenti in comuni diversi, durante il periodo dell’emergenza sanitaria.

 

Oggi, al contrario, la Presidenza del Consiglio ha definitivamente chiarito la legittimità di ogni spostamento, anche al di fuori del Comune, volto a raggiungere i propri figli minorenni presso l’altro genitore.

 

E’ ovvio che i suddetti spostamenti dovranno sempre avvenire:

 

“scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario”

 

tenendo conto – quindi – di situazioni particolari, come persone in quarantena, positive, immunodepresse ecc.

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Il peggioramento del tenore di vita del genitore non lo esonera dal mantenimento dei figli

Con la sentenza 48567/2019 la Cassazione ribadisce che la riduzione del tenore di vita di un genitore non giustifica la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento per i figli.

 

Come è noto, la giurisprudenza di merito e di legittimità è da sempre concorde nel ritenere che sui genitori gravi l’obbligo di adoperarsi fattivamente al fine di ottenere le risorse necessarie per fornire ai propri figli un contributo di mantenimento adeguato, a nulla rilevando una

 

mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà economiche o la semplice indicazione dello stato di disoccupazione.

 

Per evitare la condanna ex art. 570 cp, relativo alla violazione degli obblighi di assistenza familiare,

 

è necessario fornire una dimostrazione rigorosa di una vera e propria impossibilità assoluta

 

di rispettare gli obblighi di mantenimento verso i figli.

 

Nel caso oggetto della citata sentenza, il padre inadempiente non aveva provato una condizione d’impossibilità totale ad adempiere, avendo egli unicamente allegato una contrazione del lavoro che lo avrebbe costretto ad un tenore di vita inferiore a quello precedente. 

 

Pertanto è stata ritenuta corretta dagli Ermellini la decisione della Corte d’Appello con cui era stata confermata la sentenza  di primo grado di condanna alla pena di due mesi di reclusione e 200 euro di multa per il reato disciplinato dall’art 570 c.p. e al risarcimento del danno in favore della parte civile.

 

Secondo la Cassazione, inoltre, la Corte d’Appello ha correttamente qualificato il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare come un illecito penale a dolo generico.

 

Affinché si realizzi la condotta omissiva punita dalla norma non è infatti necessario che il soggetto agisca con la precisa intenzione e volontà di far mancare i mezzi di sussistenza al destinatario bisognoso.