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Non è illegittimo il divieto di procreazione per le coppie omosessuali

La Corte Costituzionale deposita le motivazioni della Sentenza N. 221 del 18 giugno 2019 con cui aveva confermato il divieto di procreazione per le coppie gay.

 

Per i giudici della Consulta non esiste un diritto a procreare in quanto

 

“La tutela della salute non può essere estesa fino a imporre la soddisfazione di qualsiasi aspirazione soggettiva o bisogno che una coppia, o anche un individuo, reputi essenziale, così da rendere incompatibile con l’evocato parametro ogni ostacolo normativo frapposto alla sua realizzazione”

 

La Consulta spiega che

 

“Non può considerarsi irrazionale e ingiustificata, in termini generali, la preoccupazione legislativa di garantire, a fronte delle nuove tecniche procreative, il rispetto delle condizioni ritenute migliori per lo sviluppo della personalità del nuovo nato”.

 

E, pur dando atto delle recenti evoluzioni giurisprudenziali sui temi dell’adozione di minori da parte di coppie omosessuali ed escludendo che una valutazione negativa circa la sussistenza del requisito dell’interesse del minore possa fondarsi esclusivamente sull’orientamento sessuale del richiedente l’adozione e del suo partner, afferma che esiste

 

Una differenza essenziale tra l’adozione e la procreazione medicalmente assistita

 

Poichè l’adozione “presuppone l’esistenza in vita dell’adottando: essa non serve per dare un figlio a una coppia, ma precipuamente per dare una famiglia al minore che ne è privo” .

 

Mentre la procreazione assistita

 

“Serve a dare un figlio non ancora venuto ad esistenza a una coppia (o a un singolo), realizzandone le aspirazioni genitoriali. Il bambino, quindi, deve ancora nascere: non è, perciò, irragionevole – come si è detto – che il legislatore si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni “di partenza”.

Invero, afferma la Consulta

 

“L’idea, sottesa alla disciplina in esame, che una famiglia ad instar naturae – due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile – rappresenti, in linea di principio, il “luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato, non può essere considerata, a sua volta, di per sé arbitraria o irrazionale. E ciò a prescindere dalla capacità della donna sola, della coppia omosessuale e della coppia eterosessuale in età avanzata di svolgere validamente anch’esse, all’occorrenza, le funzioni genitoriali”.

 

Nell’esigere, in particolare, per l’accesso alla PMA, la diversità di sesso dei componenti della coppia – condizione peraltro chiaramente presupposta dalla disciplina costituzionale della famiglia – il legislatore ha tenuto conto, d’altronde, anche del grado di accettazione del fenomeno della cosiddetta “omogenitorialità” nell’ambito della comunità sociale, ritenendo che, all’epoca del varo della legge, non potesse registrarsi un sufficiente consenso sul punto.

 

Dichiarate dunque non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Pordenone e Bolzano sulla legge 40/2004.

 

Le pratiche di procreazione medicalmente assistita restano quindi consentite alle sole “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi

 

Sentenza N. 221, Anno 2019