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La separazione legale dei coniugi è una situazione giuridica in cui i Coniugi che stanno vivendo una crisi matrimoniale vengono autorizzati dal Tribunale ad “allentare” il loro vincolo coniugale, “sospendendo” alcuni degli obblighi matrimoniali.
Durante la separazione, si sospende:
mentre altri obblighi si trasformano (ad esempio: l’obbligo di assistenza materiale tra coniugi si può trasformare in un obbligo al mantenimento del coniuge più debole economicamente). Questa “sospensione” del vincolo matrimoniale può durare un periodo di tempo più o meno lungo, durante il quale i Coniugi possono decidere di giungere:
oppure
Può anche succedere, tuttavia, che i coniugi, separati legalmente, decidano di restare nella condizione giuridica di “separati”, senza mai giungere né ad una riconciliazione né al divorzio.
E cioè:
Nelle condizioni di separazione verrà stabilito principalmente:
• se ad uno dei due coniugi spetti o meno un assegno di mantenimento e di quale importo.
Nelle condizioni di separazione verrà stabilito anche:
• quale dei due coniugi resterà a vivere nella casa familiare insieme ai figli e quale coniuge, invece, se ne dovrà allontanare;
• il regime di affidamento e di frequentazione dei figli;
• il mantenimento economico dei figli.
oppure
Può accadere che non tutti e due i coniugi siano d’accordo nella volontà di separarsi legalmente, oppure può succedere che entrambi i coniugi si vogliano separare ma non trovino l’accordo sulle “condizioni” della separazione (ad esempio la moglie chiede un assegno di mantenimento ma il marito non vuole corrisponderlo, oppure il marito vuole corrispondere un importo più basso di quello richiesto dalla moglie; oppure i coniugi non trovano l’accordo sui rispettivi giorni di frequentazione dei figli o sull’importo dovuto per il loro mantenimento, ecc…).
In questi casi i Coniugi si rivolgeranno separatamente al Tribunale (ciascuno con il proprio avvocato) ed intraprenderanno, dunque, una separazione giudiziale. Quando invece entrambi i Coniugi decidono concordemente di separarsi e riescono anche ad accordarsi sulle condizioni della separazione, ricorreranno alla separazione consensuale (mediante deposito di un ricorso congiunto in Tribunale o mediante la procedura di negoziazione assistita).
Nella separazione consensuale entrambi i coniugi sono d’accordo:
C’è quindi da parte di entrambi la volontà di cessare il rapporto ma senza frizioni o liti.
Ci sono diverse procedure che consentono di addivenire ad una separazione consensuale:
Significa che se uno dei due coniugi non dovesse rispettare le condizioni di separazione omologate dal giudice, l’altro coniuge, in forza del decreto, potrà agire esecutivamente contro di lui. Quindi se, ad esempio, il marito dovesse smettere di pagare l’assegno di mantenimento, la moglie, in forza del decreto di omologazione, potrà procedere a recuperare esecutivamente/forzatamente le somme dovute, per esempio, eseguendo un pignoramento dello stipendio o sul conto corrente del marito.
Un’altra procedura con cui si può addivenire ad una separazione consensuale è la Negoziazione Assistita. È una procedura introdotta nel nostro ordinamento da alcuni anni (D.L. n. 132/2014 convertito in L. n. 162/2014), che si svolge necessariamente per il tramite di due avvocati (uno per ciascuna parte) i quali “sostituiscono” l’attività del Giudice e fungono da garanti della correttezza e legalità della procedura.
Questa volta, però, l’accordo raggiunto dai coniugi, tramite la mediazione dei rispettivi avvocati, non viene trascritto in un ricorso congiunto da presentare in udienza davanti al Giudice per chiederne l’omologazione, ma viene riportato in un accordo sottoscritto da entrambi i coniugi e, per autentica, dai rispettivi legali.
L’accordo così redatto viene poi sottoposto ad un “controllo” da parte del Pubblico Ministero, il quale rilascerà un nulla osta ovvero, in presenza di figli minori, maggiorenni non autosufficienti, portatori di handicap od incapaci, un’autorizzazione.
Il “controllo” del P.M. per poter rilasciare il nulla osta o l’autorizzazione riguarda la regolarità degli atti e la rispondenza delle condizioni pattuite all’interesse dei figli.
Dopo il rilascio del nulla osta o dell’autorizzazione, almeno uno degli avvocati che hanno assistito le parti dovrà trasmettere una copia autentica dell’accordo all’ Ufficio di Stato Civile competente entro il termine perentorio di 10 giorni, al fine di consentire la successiva trascrizione dell’accordo stesso a margine dell’atto di matrimonio.
La durata della procedura di negoziazione assistita è molto breve in quanto deve essere non inferiore a 30 giorni ma non superiore a 3 mesi, prorogabili di ulteriori 30 giorni – termine entro il quale va concluso l’accordo firmato dalle parti e autenticato dai rispettivi avvocati.
La variante maggiore per la determinazione del costo della separazione consensuale sta, dunque, principalmente nella difficoltà e nella lunghezza della fase stragiudiziale relativa alle trattative che precedono la redazione del ricorso.
Infatti, maggiore sarà la distanza delle posizioni iniziali dei due coniugi e gli argomenti su cui essi sono in disaccordo, e più sarà lunga e difficile la trattativa che l’avvocato/gli avvocati dovranno condurre.
È altrettanto evidente però che, un volta raggiunto l’accordo, la successiva fase giudiziale, quella cioè da svolgere in Tribunale, sarà di gran lunga più veloce e semplice, e quindi più economica, rispetto al ben più lungo e faticoso processo di separazione giudiziale, che si celebra quando i coniugi non sono d’accordo su niente e rimettono al Giudice ogni decisione all’esito di una lunga, complicata e, spesso dolorosa, fase istruttoria.
I costi di una separazione consensuale eseguita con la procedura di negoziazione assistita non si discostano molto da quelli della procedura da svolgersi in Tribunale, considerata anche la maggiore responsabilità professionale che gli avvocati si assumono in questo caso poiché, mancando il filtro dell’udienza e l’intervento del Giudice, essi assumono la funzione di garanti della legalità degli accordi raggiunti dai coniugi.
In ogni caso i parametri di riferimento per la fase stragiudiziale, per la fase giudiziale ed anche per la procedura di negoziazione assistita sono rinvenibili nel D.M. 55/2014. Come noto, il compenso dell’avvocato va calcolato in base al valore della causa. Le cause di separazione sono considerate di “valore indeterminabile” e dunque solitamente viene applicato dagli avvocati il compenso previsto nel relativo scaglione. All’interno di questo scaglione, può essere diversificato il grado di complessità della causa e dunque si può stabilire un compenso diverso a seconda dei casi, che può variare da un minimo ad un massimo all’interno dello scaglione di riferimento.
A volte la conflittualità eccessivamente elevata tra i coniugi non permette il raggiungimento di accordi mediante il solo intervento degli avvocati. In queste situazioni, se i coniugi desiderano comunque giungere ad un accordo per presentare una separazione consensuale, può essere opportuno ricorrere allo strumento della Mediazione Familiare.
La separazione giudiziale, così come la consensuale, comporta la “sospensione” degli effetti giuridici del matrimonio. In questo caso però l’intervento del Tribunale è preponderante perché, in mancanza di un accordo tra i coniugi, ci sarà un vero e proprio processo, all’esito del quale il Giudice disporrà con una sentenza le condizioni della separazione e, dunque, assumerà i provvedimenti patrimoniali e quelli relativi alla gestione dei figli.
Si ricorre alla separazione giudiziale quando:
In entrambi i casi, il presupposto necessario e sufficiente per poter procedere alla richiesta di separazione giudiziale è che nella coppia si siano verificati dei fatti che rendano intollerabile la convivenza o che rechino pregiudizio all’educazione dei figli.
Chiunque dei due coniugi potrà in questi casi presentare un ricorso al Tribunale con la propria richiesta di separazione in via giudiziale, pure senza il consenso dell’altro coniuge.
Infatti l’intollerabilità della convivenza per uno dei due coniugi può anche non essere percepita dall’altro e può persino derivare da motivazioni non causate necessariamente dalla violazione dei diritti coniugali dell’uno o dell’altro coniuge. Può derivare semplicemente dal venir meno del sentimento e, di conseguenza, di quella “comunione spirituale” che dovrebbe essere alla base del vincolo coniugale. Ciò significa, quindi, che non è necessario dimostrare una colpa dell’altro coniuge per poter legittimamente avanzare la richiesta di separazione in via giudiziale.
Nel caso della separazione giudiziale dei coniugi, non essendoci un accordo sulla volontà e/o sulle condizioni di separazione, si avvierà un vero e proprio processo, nel quale il Tribunale, dopo una prima fase di urgenza (cd. fase presidenziale), incardinerà una vera propria istruttoria, sulla base della quale poi deciderà come regolamentare:
Il processo di separazione giudiziali si divide in due fasi principali:
La prima è una fase d’urgenza ed è detta “Fase Presidenziale” (perché demandata al Presidente della sezione famiglia del Tribunale di competenza): in questa fase si celebra l’udienza di comparizione dei coniugi durante la quale il giudice, come avviene anche nella separazione consensuale, tenta prima di tutto la riconciliazione. Fallito il tentativo obbligatorio di riconciliazione, dopo aver autorizzato i coniugi a vivere separati, il Giudice assume i cd. provvedimenti provvisori ed urgenti con i quali, intanto, dispone una regolamentazione provvisoria (in base agli atti ed ai documenti prodotti dalle parti) sulla gestione dei figli, sul loro mantenimento, sulla assegnazione della casa familiare e sull’eventuale mantenimento del coniuge più debole economicamente. Questi provvedimenti provvisori ed urgenti vengono assunti sulla base delle informazioni che il Giudice riesce a raccogliere in questa fase, basandosi principalmente, per le decisioni di carattere economico, sulla documentazione reddituale prodotta dai coniugi (di solito i Tribunali chiedono le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni di entrambi i coniugi).
La fase successiva, invece, è costituita da un giudizio di merito vero e proprio, durante il quale ciascuno dei coniugi avanzerà, nel corso di numerose udienze e mediante gli scritti difensivi depositati dai propri avvocati, le proprie richieste economiche e quelle sulla gestione dei figli.
Il Tribunale, nominerà il Giudice Istruttore che dovrà, appunto, compiere un’istruttoria, cioè raccogliere le prove richieste dall’uno e dall’altro coniuge a sostegno delle rispettive richieste, per poi decidere con una sentenza, nella quale sarà contenuta la definitiva regolamentazione:
•dei rapporti economici e patrimoniali tra i coniugi separati,
• della gestione della figli,
• del loro mantenimento,
• dell’eventuale assegnazione della casa familiare.
Come abbiamo detto, la separazione è una fase di “sospensione” del vincolo matrimoniale, che verrà poi completamente reciso solo al momento di un eventuale Divorzio.
Pertanto, in questa fase di sospensione, la coppia può in ogni momento decidere di riconciliarsi, semplicemente mediante la ripresa della convivenza e/o mediante la manifesta volontà di ricomporre la comunione materiale e spirituale della coppia.
In tali casi, gli effetti legali della separazione cesseranno e gli effetti giuridici del matrimonio torneranno in vigore tra i coniugi a tutti gli effetti.
Invece, nel caso in cui la riconciliazione dovesse avvenire dopo il divorzio, essendo stato ormai sciolto completamente il vincolo matrimoniale, essa non avrà alcun immediato effetto giuridico. In questo caso, pertanto, la coppia che volesse tornare ad essere sposata dovrà di nuovo convolare a giuste nozze.
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