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Locazioni ai tempi del Coronavirus

Sono molte le attività commerciali che hanno dovuto chiudere i battenti (si spera temporaneamente) a causa delle restrizioni prescritte dal Governo in conseguenza dell’emergenza sanitaria Covid – 19.

 

Molti Conduttori degli immobili nei quali queste attività venivano esercitate, in questi mesi di sospensione della loro attività, non sono più in grado di pagare il canone di locazione contrattualmente pattuito.

 

Dal canto loro i ProprietariLocatori, pur comprendendo la difficoltà lamentate dagli affittuari, si trovano a dover sostenere ugualmente le tasse sul reddito derivante dal contratto di locazione registrato (oltre, ovviamente, a quelle sulla proprietà dell’immobile).

 

Ebbene, se l’interesse di entrambe le Parti è quello di “SALVARE IL CONTRATTO”, esse dovranno essere disposte ad un sacrificio reciproco, cercando di far convergere le loro – entrambe legittime – posizioni:

 

la STIPULA e la REGISTRAZIONE di un ACCORDO SULLA RIDUZIONE DEL CANONE DI LOCAZIONE per il periodo dell’emergenza sanitaria, permette di salvaguardare il rapporto locazione, nell’interesse di entrambe le parti contrattuali, rendendo possibile l’adempimento del Conduttore, senza pregiudizi fiscali per il Locatore.

 

Dunque:

– da un lato, il Conduttore dovrà rendersi disponibile a pagare al Locatore almeno una parte del canone originariamente pattuito, anche se la propria attività è temporaneamente sospesa;

– dall’altro, il Locatore dovrà accettare di percepire un canone ridotto, ma sostenibile per il Conduttore e da esso spontaneamente versato.

 

La REGISTRAZIONE di tale accordo presso l’Agenzia delle Entrate permetterà:

  • al Locatore di pagare le tasse solo sul canone ridotto ed effettivamente percepito, allo stesso tempo conservando il contratto di locazione ed evitando di dover intraprendere azioni giudiziarie per la liberazione dell’immobile e/o per il recupero del credito
  • al Conduttore di rimanere adempiente al contratto mediante il versamento della minor somma concordata, allo stesso tempo conservando il contratto di locazione, senza dover subire le azioni giudiziarie ed esecutive da parte del Locatore

 

Ma perché preferire un accordo di riduzione del canone di locazione se in questo momento persino il Decreto Cura Italia “giustifica” il mancato pagamento del canone a causa dell’emergenza Corona Virus?

 

Perché, terminata l’emergenza sanitaria, in mancanza di un accordo con il Locatore, il Conduttore resterà obbligato al pagamento dell’intero importo contrattualmente stabilito.

 

Infatti, secondo l’art. 91 del Decreto Cura Italia, la straordinarietà ed imprevedibilità dell’emergenza sanitaria in corso “giustifica” il mancato pagamento del canone da parte del Conduttore. Occorre però precisare che l’esonero dalla responsabilità per il Conduttore terminerà con la fine del lockdown!

 

Ciò significa che, in mancanza di un diverso accordo tra le parti, una volta terminata l’emergenza sanitaria, risulterà dovuto, da parte del Conduttore, il pagamento integrale di tutti i canoni non versati durante la fase di lockdown.

 

Dunque, se ora molti Conduttori sono allettati dalla possibilità di sospendere integralmente il versamento dei canoni di locazione perché tale sospensione non avrebbe conseguenze immediate sul rapporto contrattuale, occorre ricordare che, terminato il periodo dell’emergenza sanitaria, tutti i canoni non versati durante il periodo emergenziale saranno interamente dovuti dal Conduttore. Dunque il Locatore, persistendo l’inadempimento del Conduttore dopo la fine del lockdown, potrà chiedere la risoluzione del contratto di locazione e potrà agire esecutivamente per il recupero dell’intero credito vantato, corrispondente a tutti i canoni di locazione non versati.

 

Pertanto, al fine di salvaguardare il contratto di locazione ed evitare contenziosi giudiziari ed il recupero forzato del credito, sembra davvero preferibile la strada dell’ACCORDO DI RIDUZIONE TEMPORANEA DEI CANONI DI LOCAZIONE. Accordo che, se registrato, sarà certamente preferito anche dal Locatore, perché potrà incassare una somma ridotta ma spontaneamente versata dal Conduttore, restando indenne da un ingiusto pregiudizio fiscale ed evitando di dover agire in via giudiziale ed esecutiva per il recupero forzato del proprio credito.

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I chiarimenti del Ministero dopo la circolare del 31 marzo sulle disposizioni per la prevenzione del contagio Covid-19

LE REGOLE SUGLI SPOSTAMENTI PER CONTENERE LA DIFFUSIONE DEL CORONAVIRUS NON CAMBIANO.

 

Si può uscire dalla propria abitazione esclusivamente nelle ipotesi già previste dai decreti del presidente del Consiglio dei Ministri: per lavoro, per motivi di assoluta urgenza o di necessità e per motivi di salute.

 

La circolare del ministero dell’Interno del 31 marzo si è limitata a chiarire alcuni aspetti interpretativi sulla base di richieste pervenute al Viminale. In particolare, è stato specificato che la possibilità di uscire con i figli minori è consentita a un solo genitore per camminare purché questo avvenga in prossimità della propria abitazione e in occasione di spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute.

 

Per quanto riguarda l’attività motoria è stato chiarito che, fermo restando le limitazioni indicate, è consentito camminare solo nei pressi della propria abitazione. La circolare ha ribadito che non è consentito in ogni caso svolgere attività ludica e ricreativa all’aperto e che continua ad essere vietato l’accesso ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici.

 

La medesima circolare ha ricordato infine che in ogni caso tutti gli spostamenti sono soggetti a un divieto generale di assembramento e quindi all’obbligo di rispettare la distanza minima di sicurezza.

 

Le regole e i divieti sugli spostamenti delle persone fisiche, dunque, rimangono le stesse.

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Frequentazione dei figli ai tempi del Coronavirus

SCIOLTI DAL GOVERNO I DUBBI INTERPRETATIVI SULLA LEGITTIMITÀ DEGLI SPOSTAMENTI TRA COMUNI PER RAGGIUNGERE I FIGLI MINORENNI PRESSO L’ALTRO GENITORE.

 

A dieci giorni dall’emissione del DPCM 22.03.2020, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aggiorna finalmente le FAQ pubblicate sulla propria pagina web, sciogliendo i dubbi interpretativi sulla legittimità degli spostamenti da un Comune all’altro per raggiunger i figli presso l’altro genitore.

 

In particolare:

  • viene confermato che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore sono sempre consentiti, ANCHE DA UN COMUNE ALL’ALTRO;
  • viene specificato che, in mancanza di un provvedimento giudiziale che abbia già regolamentato la frequentazione, il diritto di visita dei figli resta comunque consentito secondo le modalità concordate dai genitori.

 

Ecco la FAQ del sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri al aggiornata 01.04.2020:

 

Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli minorenni?

 

Sì. Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori.

 

I dubbi interpretativi sulla legittimità di spostamento dei genitori da un Comune all’altro erano sorti a seguito del DPCM 22.03.20202

 

Infatti, lo spostamento personale del genitore per raggiungere il figlio presso l’altro genitore era stato sin da subito considerato legittimo, potendo configurarsi come “situazione di necessità” di natura familiare.

 

Tuttavia, nella notte del 22 marzo 2020, il citato D.P.C.M. aveva prescritto il

 

divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati dal comune in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute“.

 

Per gli spostamenti tra Comuni, dunque, la deroga della “situazione di necessità” è stata sostituita dai motivi di “assoluta urgenza, nei quali non sembrava rientrare lo spostamento del genitore volto alla frequentazione del figlio. In tal senso si era già orientata la giurisprudenza.

 

Solo pochi giorni fa, infatti, il Tribunale di Bari, aveva ritenuto legittima la sospensione della frequentazione con i figli residenti in comuni diversi, durante il periodo dell’emergenza sanitaria.

 

Oggi, al contrario, la Presidenza del Consiglio ha definitivamente chiarito la legittimità di ogni spostamento, anche al di fuori del Comune, volto a raggiungere i propri figli minorenni presso l’altro genitore.

 

E’ ovvio che i suddetti spostamenti dovranno sempre avvenire:

 

“scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario”

 

tenendo conto – quindi – di situazioni particolari, come persone in quarantena, positive, immunodepresse ecc.

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“CURA ITALIA”: congedi parentali e bonus baby-sitting come aiuto alle famiglie e ai lavoratori

Il decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto “Cura Italia”, ha previso misure di sostegno alle famiglie e ai lavoratori, connesse all’emergenza epidemiologica COVID -19.

 

CONGEDI PARENTALI.

 

Con gli artt. 23 e 25 del Decreto “Cura Italia” è stata prevista la possibilità per i genitori di usufruire di uno specifico congedo parentale per la cura dei minori durante il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.

 

A CHI SPETTA.

 

Spetta alternativamente ai genitori (e affidatari) lavoratori dipendenti del settore privato o iscritti in via esclusiva alla gestione separata o lavoratori autonomi iscritti all’INPS o dipendenti del settore pubblico, che abbiano:

  • figli fino ai 12 anni, con riconoscimento della retribuzione al 50% e della contribuzione figurativa;
  • figli di età compresa tra i 12 e i 16 anni, senza riconoscimento della retribuzione e della contribuzione figurativa ma con diritto alla conservazione del posto di lavoro, e dunque con divieto di licenziamento da parte del datore di lavoro;
  • figli disabili, senza nessuna limitazione di età.

A condizione che:

  • non sia stato richiesto il bonus alternativo per i servizi di baby-sitting;
  • nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa;
  • non vi sia altro genitore disoccupato o non lavoratore.

 

DURATA DEL CONGEDO.

 

Periodo massimo di 15 giorni continuativi o frazionati.

BONUS “baby-sitting. In alternativa al congedo è prevista la possibilità, per i lavoratori suddetti, di usufruire, a decorrere dal 17 marzo 2020, del bonus baby-sitting. L’ammontare del bonus è massimo di 600 euro, che arrivano a 1.000 euro per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, del comparto della sicurezza, della difesa e soccorso pubblico, impiegato nell’emergenza da COVID-19.

 

PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA.

 

Per i lavoratori privati con figli infradodicenni la domanda va presentata al proprio datore di lavoro e all’Inps (mentre per i lavoratori con figli di età compresa tra i 12 e i 16 anni la domanda va presentata solamente al proprio datore di lavoro, non essendo per loro prevista né la retribuzione né la contribuzione figurativa)

Per i dipendenti pubblici, la domanda deve essere presentata alla propria amministrazione pubblica, secondo le indicazioni dalla stessa fornite.

I lavoratori che abbiano già presentato domanda di congedo parentale ordinario e stiano usufruendo del relativo beneficio, non dovranno presentare una nuova domanda di congedo COVID-19, potendo proseguire l’astensione per i periodi richiesti, con conversione d’ufficio da parte dell’Inps in congedo COVID-19. I datori di lavoro non dovranno, pertanto, computare tali periodi a titolo di congedo parentale ordinario.

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“CORONAVIRUS”: facciamo un po’ di chiarezza sulle responsabilità penali conseguenti alla violazioni delle norme sul contenimento del contagio da Coronavirus

Ormai tutti dovrebbero saperlo:

 

l’unico modo per rallentare il contagio è restare a casa!

 

Uscire è possibile solo ed esclusivamente per:

  • comprovate esigenze lavorative;
  • situazioni di necessità;
  • motivi di salute.

 

È inoltre consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza (cfr. Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 e 9 marzo 2020).

 

In questi giorni sono state diffuse alcune informazioni che hanno creato un po’ confusione sulle conseguenze derivanti dalla violazione delle prescrizioni sul contenimento del Coronavirus.

 

Cerchiamo di dare qualche chiarimento.

 

Innanzitutto, si deve precisare che le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme che impongono limiti agli spostamenti delle persone fisiche sono di natura PENALE.

 

Infatti:

  • i Pubblici Ufficiali che sorprenderanno persone a spostarsi in assenza di uno dei tassativi motivi indicati dalla norma, verranno a conoscenza di una “notizia di reato” ;
  • la “notizia di reato” verrà trasmessa dai pubblici ufficiali alla Procura della Repubblica;
  • la Procura della Repubblica, ricevuta la notizia di reato, iscriverà un procedimento penale a carico del presunto responsabile; 
  • la sanzione, a carico del soggetto ritenuto responsabile della violazione, sarà sempre determinata da un Giudice, al termine di un processo penale o, se ne sussistano i presupposti, all’esito dell’emissione di un decreto penale di condanna. Nel caso in cui il Giudice, su richiesta del Pubblico Ministero, decida di utilizzare, sussistendone i presupposti, la procedura speciale del Decreto penale di condanna, potrà “saltare” sia l’udienza preliminare che il dibattimento ed applicare direttamente la pena pecuniaria, sanzione sempre e comunque di natura penale.

 

REATI CONTESTABILI

 

Nel caso in cui si circoli in assenza di una delle comprovate motivazioni previste dai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 e 9 marzo 2020, quale reato verrà certamente contestato?

 

In questo caso verrà certamente contestata l’“Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità (ART. 650 C.P.), reato punito con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206,00 euro, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato.

 

L’ammenda è una pena pecuniaria volta a punire una condotta penalmente rilevante.

 

Ha dunque sempre natura penale ed è quindi ben diversa dalla mera sanzione amministrativa.

 

Ciò significa – è bene ribadirlo – che la Procura della Repubblica, ricevuta la notizia di reato da parte delle forze dell’ordine, iscriverà un procedimento penale a carico del presunto trasgressore, all’esito del quale il Giudice, accertata la condotta illecita, determinerà la sanzione penale.

 

Per questo tipo di reato è anche possibile l’applicazione del procedimento speciale del decreto penale di condanna.

 

Quindi, come spiegato sopra, il Giudice, su richiesta del Pubblico Ministero, potrà decidere di applicare direttamente la pena pecuniaria (l’ammenda), “saltando” sia l’udienza preliminare che il dibattimento, ed emettendo direttamente il decreto penale di condanna, con conseguente iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale.

 

Insomma, per chiarire alcuni dubbi sorti nel corso di questi giorni su tale questione, si precisa che:  

 

Il fatto che il Giudice, per alcuni tipi di reato come quello previsto dall’art 650 c.p., possa utilizzare il procedimento speciale del decreto penale di condanna, “saltando” la celebrazione del processo penale ed irrogando direttamente una pena pecuniaria, non significa che a carico del trasgressore non vi sia stato l’accertamento di una responsabilità penale, anzi – al contrario – il decreto penale di condanna risulterà nel casellario giudiziale.

 

E’ ovvio che, nel caso in cui si ritenga di essere innocenti (cioè nel caso in cui lo spostamento personale sia effettivamente avvenuto nel pieno rispetto delle prescrizioni di legge sul contenimento del Covid-19), si potrà proporre opposizione al decreto penale di condanna emesso dal Giudice, dando dimostrazione della propria innocenza all’interno di un processo penale con l’assistenza di un avvocato.

 

Ma cosa succede se quello che dichiariamo alle forze dell’ordine relativamente ai motivi del nostro spostamento personale non corrisponde al vero?

 

In questo caso, al soggetto sorpreso a dichiarare il falso, potrà essere contestato anche un reato più grave del precedente, cioè la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”, previsto e punito dall’art. 483 c.p. con la pena della reclusione fino a due anni.

 

La condotta contestata in questo caso consiste nella

 

“falsa attestazione a pubblico ufficiale, in un atto pubblico, di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.

 

Anche in questo caso la notizia di reato sarà trasmessa alla Procura della Repubblica che iscriverà un procedimento penale a carico del presunto trasgressore, all’esito del quale il Giudice, accertata la responsabilità penale, determinerà la sanzione.

Anche in questo caso la notizia di reato sarà trasmessa alla Procura della Repubblica che iscriverà un procedimento penale a carico del presunto trasgressore, all’esito del quale il Giudice, accertata la responsabilità penale, determinerà la sanzione.

 

Sussistendo i motivi che giustificano gli spostamenti personali, possiamo circolare anche se accusiamo sintomi influenzali, se siamo risultati positivi al Covid 19 o se siamo stati posti in quarantena?

 

La risposta è, ovviamente, NO!

Capiamo anche in questo caso si rischia.

Come noto, il nuovo modello di autocertificazione diffuso dal Governo, da utilizzare per giustificare gli spostamenti personali, prevede espressamente la dichiarazione di 

 

“non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al virus COVID-19”.

 

A tal proposito è bene dunque precisare che, il soggetto che si sia spostato nonostante la quarantena e/o con la consapevolezza di essere positivo al virus, potrebbe essere ritenuto responsabile del reato di colposa diffusione della epidemia (art. 452 c.p.) ovvero, nel caso in cui venisse accertata la volontarietà del contagio di altre persone, potrebbe essere ritenuto responsabile di reati ben più gravi, come le lesioni personali (art. 582 c.p.) o l’omicidio volontario (art. 582 c.p.).

 

Vale la pena ricordare, infine, che nel nostro ordinamento esiste anche il reato di “epidemia”, integrato da

 

“chiunque cagiona una epidemia mediante la diffusione di germi patogeni”,

 

previsto e punito dall’art. 438 c.p. con la pena dell’ergastolo.